Forse è vero che i bambini scrivono la storia…
In un ghetto con le braccia alzate, gli occhi bassi
e un cuore di vento per volare oltre la paura.
Con la pelle dilaniata dentro nuvole di gas
in un villaggio sospeso fra il silenzio della foresta
e il tonfo sordo delle bombe al napalm.
Addormentati su un guanciale di sabbia,
con il viso bianco di luna rivolto al mare,
a quel sogno interrotto in un giorno d’estate.
In ginocchio esausti,
la pelle d’ebano tesa fra le ossa e il cuore
mentre la morte attende indossando ali d’avvoltoio.
A pochi passi dalla vita il confine è sottile
per passare oltre e perdersi nel tragico candore della neve,
in una nuvola avvelenata,
in una lacrima d’acqua e sale se non hai mai visto il mare,
in un sudario di polvere e sabbia.
Sono fotografie che scorrono fra le dita
come grani di un rosario senza “amen”,
brandelli di esistenze in una cornice di tranquilla indifferenza.
E non piangono gli angeli
sotto questa cupola sbiadita di cielo
dove si è smarrito il senso della vita
e ci accusa il silenzioso oblio
di troppe ingiuste morti.