Sono nata il 29 gennaio, il primo dei giorni della merla, secondo un’antica tradizione il periodo più freddo dell’anno… Proprio io che amo immensamente il mare, le calde e lunghe giornate estive, le passeggiate sulla spiaggia sotto un cielo illuminato da infinite stelle.
Il legame profondo e speciale con il mare è qualcosa che è nato assieme a me, del resto sono figlia e nipote di gente di mare: papà ha sempre navigato e prima che un lavoro era una passione, entrambi i nonni erano capitani di lungo corso che al comando dei loro motovelieri carichi di merci toccavano vari porti dell’Adriatico e io, quasi una decina di anni fa, ho sostenuto con successo l’esame per conseguire la patente nautica per imbarcazioni a motore entro le dodici miglia. Ma tutto questo forse non si comprende chiaramente senza aggiungere un altro tassello per completare il mosaico della mia vita: mamma e papà fanno parte delle 350.000 persone che hanno dovuto abbandonare le zone dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia per continuare ad essere liberi e a vivere, ma soprattutto per continuare ad essere italiani. Mamma è nata sull’isola di Lussino e papà sull’isola di Cherso, situate nell’Adriatico settentrionale e parte di quelle terre che l’Italia, dopo la seconda guerra mondiale, con il Trattato di Parigi del 1947, è stata costretta a cedere alla Yugoslavia. La vicenda della mia famiglia si inserisce nella tragedia collettiva di un popolo che ha sofferto a lungo anche perché la verità su questo doloroso e forzato esodo è stata per troppo tempo nascosta e negata.
Laggiù il mare di zaffiro si confonde nell’azzurro limpido del cielo, la bora, il vento del Quarnero, soffia impetuosa fra gli antichi ulivi e i muri di pietra costruiti secoli fa per delimitare appezzamenti di terra dove pascolano le greggi, l’aria profuma di sale e di lavanda e nei porticcioli le barche dei pescatori sono sempre pronte a salpare. È tutto un mondo dove il passato continua a vivere, una culla di memorie preziose.
I miei genitori mi hanno trasmesso l’amore intenso e assoluto per quei luoghi che abitano da sempre gli spazi infiniti del mio cuore e, anche se io sono arrivata ben più tardi e sono nata a Genova, solo lì mi sento veramente a casa e trovo rifugio e conforto. Quel mare, quel cielo, quella sottile striscia di terra aspra e selvaggia, sono stati la cornice, lo sfondo naturale della mia storia. Quando ero ancora bambina andavo con papà a pescare su una piccola barca in legno chiamata “caiccio”. Era tempo solamente nostro che trascorrevamo insieme e anche questo è stato un motivo che mi ha avvicinata al mare perché così potevo condividere momenti felici e spensierati con papà che, per il suo lavoro di marittimo, era spesso lontano da mamma e da me. Oggi lui purtroppo non c’è più, ha attraversato la soglia dell’ultimo tramonto per passare oltre, ma nel mare ancora ritrovo il suo volto e nel mormorio delle onde mi sembra di udire la sua voce come un tempo.
Oltre a papà laggiù rivive tutto un mondo di affetti familiari, di persone che mi hanno regalato gli anni più belli e che hanno lasciato tracce indelebili nel mio cuore. Io sostengo sempre di aver conosciuto due fate nella mia infanzia: una si chiamava Cristina, la mia nonna materna, l’altra Beatrice, sua cognata. Hanno vissuto insieme per sessanta anni condividendo tutto quello che la vita ha presentato loro, senza dubbio tanti momenti difficili, ma non hanno mai perso il sorriso, la generosità e una fede semplice, ma autentica che le sosteneva in ogni situazione. Ricordo molto bene i loro volti, nonostante siano passati parecchi anni, sono rimasti indelebili e continuano sempre a far parte della mia vita, perché l’amore è un filo che lega indissolubilmente il loro Cielo alla nostra terra in una continuità di sentimenti e di affetti che non sono mai perduti, ma che ritroveremo un giorno.
Dunque, ogni estate, appena terminata la scuola, si partiva per trascorrere le vacanze al paese di mamma: la notte non dormivo in attesa che arrivasse il momento di entrare in macchina e iniziare il viaggio più bello. Le mie due fate erano sempre impegnate, preparavano ogni cosa per il nostro arrivo: la casa aveva un profumo particolare e così gradevole che ancora oggi lo ricordo, i muri tinteggiati di fresco, le tende bianche immacolate alle finestre, il frigo pieno di ogni ben di Dio, il giardino rigoglioso di tanti prodotti della terra e colorato dai fiori più belli, tutto parlava dell’ amore, dell’affetto e della tenerezza con cui si preparavano ad accoglierci, c’era il loro cuore grande che si esprimeva semplicemente nel donare e nel donarsi.
L’estate per me bambina aveva qualcosa di magico, tanto divertimento, avventure e soprattutto mare, mare e ancora mare. A volte toccava ad una di loro due accompagnarmi nelle mie scorribande, per me era la felicità, per la poveretta di turno tanta responsabilità ed apprensione perché non era facile tenere a bada quella nipotina scatenata. In realtà il problema più serio era rappresentato dal fatto che io prendevo la bicicletta e partivo per una strada stretta e molto trafficata e la malcapitata doveva starmi dietro in qualche modo …. Comunque la nostra meta privilegiata era poco fuori dal paese dove c’era una vecchia baracca sul mare in cui un pescatore custodiva le reti ed altra attrezzatura, io sguazzavo in acqua come un delfino e poi mi dedicavo ad un’attività che ho amato da sempre, la pesca: con una lenza preparata da qualche mano pietosa, mi accingevo dal piccolo molo a pescare pesciolini che cercavo poi di offrire come cena a qualcuno, orgogliosa della mia pescata.
Quando il tempo non era bello per correre al mare, allora si optava per la gita in campagna, poco fuori dal paese c’erano le rovine di un vecchio castello che a me appariva un luogo affascinante e pieno di misteri e lì inventavo tante storie avventurose; se poi la giornata girava in pioggia non rimaneva che rifugiarsi in soffitta a frugare nei vecchi bauli che mi sembravano dei forzieri o nella camera di nonna a passare in rassegna i cassetti del comò. Mi piaceva guardare le vecchie foto in bianco e nero, quella del nonno che purtroppo non ho mai conosciuto, la foto del matrimonio con la nonna nel costume tradizionale del paese, giovani in divisa da militare, parenti che dall’America mandavano alla famiglia la fotografia e per l’occasione indossavano gli abiti migliori e poi tutte le cartoline ricche di fascino e di un’atmosfera particolare, sembrava che il tempo si fosse fermato…
Ma ciò che rendeva unico e prezioso quel mondo e ogni cosa io facessi, era la presenza accanto a me della nonna e della zia Beatrice, possedevano una magia che rendeva tutto speciale. Mi hanno trasmesso valori autentici con semplicità, con un vivere quotidiano intessuto di amore, di pazienza e di generosità, non potevo che portarle nel mio cuore per sempre e legarmi indissolubilmente a quei luoghi dove ancora oggi ogni cosa parla di loro…
Questo discorso per comprendere il mio mondo, i legami di affetto con le persone che lo hanno popolato, il mio amore per il mare che è anche luogo di affetti e di memorie.
Uno sguardo veloce adesso a quanto ho fatto fino ad ora cominciando dalla mia carriera scolastica. Dopo le scuole dell’obbligo ho conseguito la maturità al liceo psico-pedagogico dove ho potuto studiare e approfondire le materie da sempre a me più congeniali: letteratura, lingue, storia, psicologia e filosofia. Poi mi sono iscritta alla facoltà di Scienze Politiche di Genova dove ho conseguito la laurea ad indirizzo politico-economico. A ventisette anni mi sono sposata con la persona più bella e speciale che potessi incontrare, mio marito Andrea che allora apparteneva alla gloriosa Arma dei Carabinieri. Dopo il matrimonio si è congedato e per lavoro ci siamo trasferiti a Savona: abbiamo creato una piccola ditta che fornisce servizi amministrativi e contabili presso strutture sanitarie, residenze per anziani e lungodegenti, hospice per malati terminali oncologici e cliniche per pazienti con problemi di disabilità psichica. Un lavoro che ci ha portati a stretto contatto con realtà di dolore e di emarginazione e ci ha aiutati a non perdere di vista quello che conta veramente in una vita che spesso sa metterci duramente alla prova.
Parte fondamentale della nostra famiglia sono alcuni amici a quattro zampe incontrati un po’ per caso: tutto è cominciato con un gattino nero (Birillo) trovato nel parcheggio della clinica dove lavoravamo, abbiamo proseguito con due meravigliosi cuccioli di Labrador (Blitz e Cucciolo) che sono arrivati a casa nel 2001, poi una tenerissima e scatenata femmina di Labrador (Bora, impetuosa come il vento del Quarnero) nel 2008, un adorabile e dolcissimo incrocio Breton (Trilly) nel 2011, un meticcio scuro (Buio, così lo hanno chiamato al canile) che dopo otto anni di prigione ha trovato coccole e ristoro a casa nostra nel 2013, un pastore tedesco (Zeus) e un incrocio pastore tedesco e rottweiler (Plutone) nel 2014 e infine, una meravigliosa femmina di pastore tedesco (Honey) salvata dal canile a fine 2014. Purtroppo di questa banda simpatica e portatrice di grande allegria, oggi ne sono rimasti quattro, ma un giorno, ne sono sicura, ci ritroveremo tutti oltre la soglia dell’invisibile… Ah, dimenticavo di aggiungere all’elenco ancora due gatti, maschio e femmina (Pepito e Titti) che cercano di fare squadra per far sentire la loro voce in una casa così affollata di quattro zampe. Ho amato gli animali da quando ero piccola e in loro ho sempre trovato qualcosa che spesso negli esseri umani manca, l’amore incondizionato, la lealtà e un cuore grande donato in cambio di nulla. C’è da pensare…
Amo viaggiare e soprattutto tornare al mio mare dove trascorro le giornate a nuotare, fare immersioni, sci nautico e a pescare. La lettura è sempre stata una compagnia insostituibile per le mie giornate e la scrittura è una dimensione naturale, un modo per affidare ad un foglio bianco pensieri, emozioni e ricordi che difficilmente possono esprimersi a parole.
Tenevo un diario che per anni ho aggiornato con tutto quello che accadeva, ho composto racconti e favole per bambini, poi la poesia è arrivata all’improvviso, per dare voce a un dolore immenso mai provato prima. Mio marito ed io abbiamo perso il nostro bambino, Riccardo, poco prima che nascesse, un angelo che non ha trovato respiro quaggiù e che vive nella luce in attesa di incontrarci. Da quella sofferenza atroce sono nati i primi versi che, con mio grande stupore, hanno vinto il primo premio ad un concorso di poesia religiosa. Ho cominciato così a scrivere poesie e da allora (era il 2010) ho continuato a comporre liriche che hanno ottenuto riconoscimenti in molti concorsi letterari in tutta Italia. Sono sicura che questo è un dono che il nostro piccolino mi ha fatto da lassù e l’unico modo che io conosca per dargli voce e ribadire con tutto l’amore di una madre che lui c’è e ci sarà per sempre. La poesia è per me luogo del cuore, luogo di incontro, di corrispondenza di affetti e culla di devota memoria, in una parola è vita.